Il divario di genere in Italia è una questione ancora tutta da affrontare. A dirlo sono i dati, che indicano un avanzamento in questo senso molto limitato rispetto agli altri paesi europei. Eppure le donne nel nostro paese sono molto più preparate rispetto agli uomini e potrebbero aspirare a posizioni apicali con tutti i requisiti necessari. Nella popolazione tra i 25 e i 64 anni infatti il numero delle laureate è di 140 ogni 100 uomini, contro una media europea di 119. E anche a livello occupazionale le donne laureate prevalgono rispetto agli uomini con 128 ogni 100 uomini.
Le percentuali si invertono se si analizzano i ruoli svolti, perché nelle mansioni con più ampia responsabilità le donne sono meno degli uomini. E il motivo è strettamente legato al genere, perché osservando il numero dei manager ci si rende conto che la laurea non è assolutamente il titolo posseduto dalla maggior parte di queste figure.
Una soluzione per le donne potrebbe essere quella di scegliere aree e facoltà dei master post-laurea per puntare a ricoprire ruoli di vertice. I corsi di perfezionamento delle conoscenze sono disponibili anche online con le università telematiche come Unicusano e permettono di conciliare studio e lavoro senza problemi.
In alternativa, ci si dovrebbe unire in maniera convinta per invertire la rotta, con iniziative che partono soprattutto da chi ha poteri decisionali, anche perché, come vedremo, il gender gap incide anche sulla crescita economica del paese, oltre all’evoluzione sociale.
I dati dell’Italia sul Gender Gap
Nel report del Global Gender Gap 2023, l’Italia perde 13 posizioni rispetto all’anno precedente ed è 79esima su 146 paesi . A incidere sul ranking il peggioramento della rappresentanza di donne nella politica, mentre resta invariato l’accesso all’educazione e sono leggermente migliorati i dati sulla presenza e le opportunità in campo economico e sul miglioramento delle aspettative di vita e salute.
Da sottolineare inoltre che ci sono anche delle difficoltà pratiche che incontrano le donne. A organizzare gli orari di lavoro ad esempio spesso c’è il capo dell’azienda, per la maggior parte maschio, che quindi non tiene conto di altre situazioni che potrebbero interessare la sfera femminile.
Gender Gap sul lavoro: i dati
Concentrandoci sul lavoro emergono invece in maniera molto netta le differenze di genere.
Secondo l’Istat su 334 mila assunzioni nel 2022, l’88% è di uomini e solo il restante riguarda le donne. Gli ostacoli alla partecipazione femminile sono da ritrovare in occupazione ridotta e in prevalenza precaria, preferenza per il part time rispetto a contratti a tempo pieno per le donne e impiego in settori a bassa remuneratività poco strategici.
Senza dimenticare il grande nodo della maternità. Secondo i dati di Save The Children, il 37% delle donne tra i 25 e 49 anni con almeno un figlio risultano inattive nella ricerca del lavoro. E la percentuale sale man mano che aumentano i figli fino ad arrivare al 52,5% delle donne con 3 o più figli che non risultano attive. Con questi dati è comprensibile che il congedo parentale e le sue modifiche risultano ancora poco efficaci.
La discriminazione post gravidanza è un ostacolo alle opportunità di carriera e molte donne non si mettono in gioco perché conoscono la poca flessibilità dell’azienda in cui lavorano.
Osservando i dati sull’occupazione come manager o dirigenti, si registra un 20% ai vertici aziendali e un 30% nei ruoli di senior management. Sono dati che segnano un aumento rispetto al 2022, ma che sono ancora molto bassi rispetto ad altre 29 economie mondiali.
L’unico dato positivo riguarda il calo di aziende che non hanno in organico figure femminili, che si attesta al 12%, in linea con gli altri Paesi europei.
Perché colmare il divario di genere
La strategia di genere è necessaria per attrarre i migliori talenti, indipendentemente dal genere, e offrire loro le opportunità migliori in termini lavorativi e, di conseguenza, anche sociali. È stato dimostrato infatti che i gruppi di lavoro eterogenei tendono a prendere decisioni più obiettive, basate sui fatti, e che possano portare un riscontro più positivo sul lato economico.
La sfida delle istituzioni e delle aziende è quindi quella di raggiungere la parità di genere affrontando tutti i pregiudizi ancora in essere e tutti i blocchi pratici per garantire un welfare aziendale che tenga conto delle esigenze di ognuno. A tal proposito, si sta anche investendo su una figura chiave anche nel processo di riduzione del gender gap, il welfare manager, che ci occupa di individuare iniziative e strategie volte a migliorare il benessere dell’azienda. Considerando le ricadute economiche della riduzione del divario, rendere più equilibrata la presenza di donne e uomini ad ogni livello lavorativo, sarà una delle azioni principali del professionista.